Il mercato nel XXI secolo è ancora molto sciovinista, alle donne è ancora riservato un posto di secondo piano, anche se in questi ultimi 200 anni le donne sono riuscite a mostrare il loro valore oltre che le loro competenze, dopo tante lotte e bocconi amari da dover inghiottire.
Se nel primo ventennio degli anni 2000 le donne avevano raggiunto buoni risultati in termini di occupazione, almeno in alcuni settori, con il Covid-19 ci si è dovuti scontrare con un nuovo ostacolo, molto difficile da superare.
La Pandemia ha
mostrato come i principali soggetti a perdere l’occupazione sono state le
lavoratrici (circa il doppio rispetto agli uomini), sia per il tipo di attività
svolte che per motivi organizzativi. Analizzando i diversi periodi di crisi, è
possibile constatare come sono i soggetti più deboli (over 50 e donne) che
vengono penalizzati in maniera più incisiva. Tante, troppe le donne che sono
state costrette a fare un passo indietro per salvaguardare la famiglia.
Purtroppo, alla donna oggi è, per convenzione, ancora assegnato il ruolo di “Angelo del focolare”, sacrificabile dalla collettività per il benessere della famiglia (compagno, figli, genitori, ecc.). Secondo alcuni dati dell’Ispettorato del Lavoro, negli anni passati circa 25 mila donne sono state costrette ad abbandonare il proprio lavoro, dati che aumentano se si considera le donne mamme di bambini al di sotto dei 36 mesi che raggiungono quasi le 40 mila unità.
Tra le principali
motivazioni è possibile ritrovare la difficoltà di assistere i figli (costi
elevati e mancanza di nido) o la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia.
A questa rappresentazione della donna “Angelo” (che però poco a che vedere con Dante) è necessario collegare la segregazione in cui vivono le donne che si può distinguere in “orizzontale” e “verticale”. Con quella “orizzontale” si tende a concentrare le donne in settori economici ritenuti femminili (le insegnanti, le commesse, le infermiere, le estetiste, ecc.), allontanandosi da quelle professioni ad appannaggio degli uomini (autista, meccanico, chirurgo, ecc.). Per “segregazione verticale” o “sex-typing verticale” si deve far riferimento alla difficoltà delle donne a scalare le gerarchie aziendali. Parlo del fenomeno del “glass ceiling” (soffitto di cristallo) che impedisce alle donne di ricoprire posizioni di responsabilità e di accesso alla “stanza dei bottoni”.
Troppo spesso ci si meraviglia se al “posto di comando” sia salita una donna, e subito parte il toto-inchiesta per cercare di spiegare le motivazioni: “è amante di…”, “è figlia di…”, “è moglie di…”, o anche “è stata messa in quel posto per politica” …Mai una volta che fosse dovuto a preparazione, impegno, professionalità!
Dinamiche malate e purtroppo neanche imputabili alla scarsa cultura, ma piuttosto a stereotipi che trovano il loro humus nel sistema maschilista che ancora oggi serpeggia e che a volte è solo celato dalla coltre di polvere del falso perbenismo.
Foto di Malu Laker su Unsplash